Forse qualcuno ricorderà i comizi elettorali: piazza della Libertà e slarghi più o meno ampi, erano comunque pieni di sostenitori e semplici curiosi. Passione politica? Sì, anche. Sicuramente più di adesso, epoca nella quale il disinteresse verso la ‘politica’ ha raggiunto vertici mai toccati, anche a causa del cattivo esempio di taluni suoi esponenti. Nell’era di Internet, dell’effimera convinzione di contare qualcosa se solo pubblichiamo una foto sui
Social, va da sé che un minimo di riflessione sui temi proposti dalle varie formazioni partitiche, risulta un lavoraccio inutile da evitare… E questo, molti leader e candidati lo sanno benissimo!
Tizio o Caio?
Se chiedessimo a uno statunitense medio chi voterebbe tra due o più candidati, quasi sicuramente ci sentiremmo rispondere “
il più alto” oppure “
quello con la voce più bella” e cose simili. In effetti, alcune ricerche* hanno rilevato che la maggior parte dei presidenti USA sono più alti della media e che, tra due candidati in foto, è preferito chi ha la mascella volitiva, squadrata e/o lo sguardo ‘penetrante’. Un altro studioso, Casey Klofstad** fece ascoltare suadenti voci maschili e femminili elaborate ad hoc, che invitavano a votare per un certo candidato. Durante la simulazione di voto, le preferenze andarono proprio ai candidati cui appartenevano le voci manipolate in modo da essere accattivanti. Infine, Daniel Oppenheimer*** afferma che esistono tre ‘I’ che accomunano gli elettori:
ignoranza, irrazionalità e incompetenza. Significa che quando ci accingiamo a votare, rispondiamo in modo assolutamente irresponsabile, quasi non riuscissimo a individuare ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno e che può davvero fare il bene nostro e della comunità in cui viviamo. Al contrario, scegliamo il candidato che ci piace su basi superficiali, su concetti e preconcetti, spesso paradossali, se non manifestamente insulsi, sovversivi e anacronistici. Ebbene, molti adattano (barattano) le proprie convinzioni illudendosi, ancora una volta, di essere alla presenza di un nuovo ‘messia’ che, tutt’altro che magnanimo, erige muri e crea divisioni e odio. Pare proprio che la stimolazione di profonde, quanto improbabili paure, sia più efficace del ragionamento e della ponderatezza che richiederebbero, però, uno sforzo maggiore.
Messaggi vincenti
Anche noi italiani ci stiamo avvicinando a quei livelli, visto il successo di taluni personaggi politici, solo fino a pochi mesi prima, addirittura detestati ma che ora si professano i difensori da chissà poi quali specie aliene… Da alcuni anni il voto di “pancia”, sembra aver preso il sopravvento su qualsiasi riflessione valutativa. Ci appassionano le frasi forti, le decisioni irrevocabili, in una specie di regressione nostalgica a periodi davvero bui della nostra storia (anche la memoria pare anch’essa difettarci). Come mai tanta superficialità? In parte possiamo spiegarla proprio con il momento storico che viviamo e che esige estrema velocità proprio in tutto: veloci in casa, al lavoro, per strada. Poi in Internet con
WhatsApp, Facebook, Instagram e così via, ambiti nei quali non si deve riflettere, basta esserci. Per altri versi, entra in gioco la necessità propria del nostro cervello, di ridurre al minimo la quantità di sforzo nel valutare, scegliere e decidere. Ecco comparire le
euristiche, sorta di scorciatoie, di sintesi basate sull’istinto più che sul ragionamento, che ci aiutano a elaborare ogni giorno la grande quantità di informazioni che ci pervengono. Così, invece di ‘perdere’ tempo ad analizzare pro e contro, ci affidiamo a ciò che in quel momento ci sembra più idoneo. Attenzione, però: scorciatoie e preconcetti appartengono a un’unica, spesso stupida famiglia, che ci porta a distorcere la verità, inducendoci a cadere nei
bias cognitivi, errori di valutazione di cui ci accorgiamo sempre in ritardo. Per esempio, il tono della voce può, infatti, farci pensare che il candidato abbia più testosterone, qualità che però non ne fa un bravo leader.
Il metodo “strascico”
La rete a strascico è utilizzata per catturare un’enorme quantità di pesce, spesso purtroppo a prescindere dalla qualità e dalla grandezza. Ha maglie più strette, proprio per non lasciare nessun pesce al… caso. È lo stesso metodo che utilizzano alcuni candidati per non rendere “insoddisfatto” nessuno. In ogni intervento si citano a profusione aggettivi, sostantivi, mestieri e professioni affinché ogni buon cittadino si possa sentire coinvolto, partecipe e non trascurato. Il trucco sta nel far credere che la necessità fosse già presente nel cittadino e che il candidato non faccia altro che recepirla, condividerla, portandola alla luce. Insomma, caccia alle streghe e nulla di veramente nuovo ed efficace, in grado di risolvere i reali problemi. Telepatia? Macché! Algoritmi: funzioni matematiche che sondano la
sentiment analysis (parole e frasi più utilizzate), per tastare il polso della gente, ciò che dicono, che affermano, i vocaboli più usati e così via. Ecco dunque il nostro candidato parlare come se capisse alla perfezione i nostri bisogni, salvo avergli sentito dire l’esatto contrario non molto tempo addietro. Nell’epoca in cui “l’attimo di popolarità non si nega a nessuno”, sentirsi inclusi, citati e in qualche modo considerati, fa percepire come giuste anche le assurdità più palesemente false. Per molti italiani, il voto è quasi un optional, qualcosa che se anche si dà, nulla cambia. Eppure, se siamo a questo punto, è anche perché abbiamo ‘preferito’ di… pancia, venditori di fumo; siamo stati ammaliati da proposte di cui paghiamo ancora le conseguenze. Riflettiamo su alcuni punti fondamentali (diciamo una decina?), per esempio: ambiente, lavoro, pensioni, sanità, qualità della vita, e così via. Poi vagliamo attentamente ciò che propongono (NON come viene detto) i vari candidati. Infine, scegliamo chi si avvicina il più possibile a ciò che NOI abbiamo elaborato, le nostre reali convinzioni dovute anche a una seria informazioni e non ai “si dice”. Votiamo soprattutto con la NOSTRA testa e, se c’è, magari anche con la passione.
*Studio dello psicologo Alexander Todorov
**Professore Associato di Scienze Politiche presso l’Università di Miami
*** Professore di Psicologia presso l’Università della California, co-autore di ‘Democracy Despite Itself’