Lo scorso mese di ottobre è stato dedicato alla depressione e ai disturbi dell'umore.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che tra soli cinque anni, la depressione sarà al secondo posto. Dopo le malattie cardiovascolari, quanto a incidenza sulla popolazione della Terra. Da qui la necessità di mantenere alta l'attenzione su questa patologia, troppo spesso sottovalutata. Anche in Ostuni si è tenuta, precisamente il 17, la Giornata Europea sulla Depressione, organizzata dalla Eda (European Depression Association), presso l'Istituto Superiore "Pantanelli - Monnet", con le relazioni di psicologi e psichiatri, tra cui il dott. Franco Colizzi, direttore del Centro di Salute Mentale di Brindisi.
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Perché, dunque, la depressione?
Aveva un lavoro fisso da ben dodici anni, qualche soldo da parte, gestiva la casa dei suoi genitori e ancora uno dei tre fratelli, aveva finalmente preso la patente e perfino partecipato a qualche viaggio organizzato. Aveva quasi finito di pagare le rate per l'automobile, anche se le capitava ancora di prendere l'autobus di linea per andare dalla sua casa di Ceglie ad Ostuni. Ma era solo per una vecchia abitudine, che trovava comoda. Cosa diavolo c'era da deprimersi ed angosciarsi come una stupida?
C'erano anzi positive novità. Sua sorella, anche se più piccola di quattro anni, si era sposata ed attendeva la nascita di un figlio, suo nipote.
Davvero poteva avere importanza quanto le ripeteva con monotonia Teresa, che lei, la figlia maggiore, non fosse ancora fidanzata e anzi non avesse mai nemmeno intrattenuto una relazione sentimentale con un uomo? Bisognava per caso avere a tutti i costi un uomo o per forza sposarsi? Gli uomini, poi, le sembravano insensibili e rozzi. Pensavano solo a una cosa. Era anche uscita una sera con un signore parecchio più grande di lei. Non si erano detti granché, quasi fossero due stranieri che parlavano lingue diverse. E quando lui le aveva messo le mani addosso, lei aveva provato quasi ribrezzo, allontanandolo con uno scatto nervoso. Ma suvvia, c'era così tanto da fare a casa, ora che i genitori manifestavano un inizio di vecchiaia e apparivano piegati dalla vita!
Poteva non accudirli, non sentirsene responsabile quasi fosse lei il loro genitore? Poteva lasciarli morire da soli? Non sia mai, Signore, pregava continuamente tra sé e sé. Era tutto a posto, tutto nell'ordine delle cose della vita. Tutto.
Se soltanto non ci fosse stata quella maledetta depressione."
Proprio dal romanzo di Franco Colizzi, L'aggiustatore di destini, è tratto questo brano, emblematico dell'atteggiamento che molti hanno rispetto alla depressione in particolare e al disturbo mentale in generale. Parenti e amici cercano, per mentalità o per incolpevole sottovalutazione, di 'nascondere' il problema. Purtroppo, soprattutto in certe realtà, persiste ancora la convinzione che i beni materiali siano il toccasana per tutti i mali ("Eppure non gli manca niente!"), mentre la segnalazione tempestiva da parte di parenti e conoscenti è davvero importante. Come si diceva, nel 2020 l'Oms prevede un'escalation, dunque è bene contribuire alla sensibilizzazione su quello che ancora viene definito il male oscuro.
Lo psicologo chiede allo psichiatra…
Ho incontrato il dott. Franco Colizzi, che mi pregio di conoscere da prima che ognuno dei due decidesse cosa fare da grande, per avere un parere autorevole sul tema della depressione. Siamo seduti nella tea room di un bar a sorseggiare the, appunto, e pasticcini ("ottimo antidepressivo!", sembra pensare la signora che ci serve al tavolo). Ho con me il suo romanzo (una delle primissime copie, debitamente corredate di dedica), perché voglio partire proprio da lì.
L'aggiustatore di destini è giunto alla seconda edizione. Un ottimo traguardo in così poco tempo. Com'è nata l'idea di scrivere questo libro?
- In maniera insolita, nel senso che non avevo assolutamente pensato di scrivere un romanzo. Saggi e libri di altro genere, ne ho scritti, ma il romanzo proprio non era nelle mie previsioni. Ricordo che ero al mare con mia moglie e i miei figli. Stavamo facendo il bagno, quando casualmente il discorso cadde sui racconti, inventati e non, che sono solito fare da sempre in famiglia (senza, ovviamente, rivelare l'identità dei pazienti, se le storie riguardavano persone reali). Elena mi fa «perché non le scrivi queste storie? Magari un romanzo». «E su cosa?» le rispondo. Subito mia figlia Ivana suggerisce «quella tua paziente che era 'così'» e Marco aggiunge «beh sì, anche quell'altro caso di…». A mano a mano prendemmo gusto a quello che ognuno noi aveva preso solo come uno dei tanti giochi fatti insieme. Continuammo a sfornare idee e ipotesi, in una sorta di Scarabeo balneare.
Il protagonista è lo psichiatra Giovanni Nilo. Inutile dire che è in qualche modo autobiografico. Ma il cognome mi sembra abbia a che fare con il fiume sacro agli egizi e con implicazioni bibliche. È così?
- Sicuramente, ma anche quello è venuto per gioco, inconsciamente. Mi sono reso conto delle implicazioni cui accennavi, solo dopo averlo proposto durante il 'gioco' a mare: nessuno dei miei ha avuto da ridire ed è piaciuto subito. Anche il nome, Giovanni, abbiamo scoperto avere un motivo d'essere.
Nel libro sono trattati vari casi di disturbi, tra gli altri la depressione. Innanzitutto, è una malattia?
- Per la medicina e la psichiatria oggi prevalenti, senza dubbio. Secondo alcune voci minoritarie, è sempre una reazione patologica, ma forse non propriamente una malattia.
Quali sono i sintomi della depressione conclamata?
- Si presenta come la tristezza fisiologica, non legata ad eventi di perdita, ma è più intensa e profonda. Avvolge di sé tutto il mondo interiore ed esterno, fermando il tempo, annullando la storia dell'individuo. La persona si orienta stabilmente verso il polo della sofferenza (tristezza vitale o dolore morale).
Anche il sonno e appetito risultano compromessi.
- Sì, di frequente c'è una riduzione (insonnia iniziale, intermedia o terminale). La persona parla in genere di mancanza di sonno e descrive ciò come fondamentale nella sua sofferenza. A volte c'è ipersonnia, cioè eccessiva sonnolenza e tendenza a dormire. Anche l'appetito può essere compromesso, con diminuzione o aumento del peso corporeo.
Quali sono le alterazioni psicomotorie, ma anche del pensiero e dell'ideazione?
- La depressione può presentarsi come "agitata", quando l'angoscia, quasi sempre presente, spinge a movimenti incessanti, con lamentazioni espresse ad alta voce, con continua ricerca di contatto fisico con gli altri. Meno spesso è "inibita", fino allo stupor catatonico e al mutacismo. C'è quasi sempre incapacità di pensare con chiarezza, di concentrarsi, di prendere decisioni. Il pensiero è polarizzato su un unico argomento, non ha conclusività, è poco comprensibile, usa una logica superficiale. La persona vive profondi sentimenti di svalutazione, di colpa, di rovina e ne sviluppa idee esplicative: ha fatto del male, ha peccato, ha mancato ad obblighi e doveri, merita punizioni in terra ("mi arresteranno, andrò in carcere") o nell'aldilà ("sarò dannato"). Tutto sembra inutile, senza speranza o perdono: non si può guarire, non ci sono cure, non ci si può salvare.
Un cambiamento notevole e tragico rispetto a come si era vissuto fino allora?
- Infatti: ciò che nella condizione di benessere piaceva o interessava, perde tale connotazione. Le diverse attività (professionali, sociali, di svago, elettive…) diventano grigie, senza richiamo, faticose da svolgere (come lo stesso
accudimento domestico per la casalinga).
La depressione in sé non è letale, ma, nei casi gravi, può condurre al suicidio.
- La morte, in assenza di alternative riconoscibili, è vista a volte come liberazione dalla sofferenza o come espiazione delle colpe. La sua idea può essere solo un'ipotesi che parassita la mente o ciò che si attende come ineluttabile o ciò che si progetta attivamente. A volte si progetta la morte anche per i familiari, ritenuti preda della stessa sofferenza.
La cura e i dati*.
- Per i clinici, la depressione maggiore richiede un trattamento farmacologico, cui è sempre consigliabile abbinare la psicoterapia. Le percentuali dell'incidenza della depressione in provincia di Brindisi, non si discostano significativamente da quelli regionali e nazionali.
Starei per ore a discorrere con Franco, anche perché l'argomento ha tali vastità e complessità, che non possono essere racchiuse in un breve dialogo, ma the e pasticcini sono finiti, così come lo spazio da occupare qui. Il messaggio che vorrei fosse recepito, è che il cervello non è un organo tanto diverso da tutti gli altri e, come gli altri, può subire pause, intoppi e avere problemi vari durante il corso della propria vita, per esempio la depressione. La pacca sulla spalla all'amico, al conoscente e al parente, la 'consolazione', non ha efficacia, anzi spesso nasconde quel pernicioso pregiudizio di cui sopra. Senza allarmismi, ma con determinazione, rivolgiamoci (o consigliamo di farlo), agli specialisti: la soluzione esiste.
* Tratto dal portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute):
21 gennaio 2010 - In Italia, nel 2007, quasi una persona su dieci (9,4%) di età compresa tra 18 e 69 anni ha dichiarato di soffrire di sintomi di depressione. E, tra questi, quasi una persona su due (47,2%) non ha mai chiesto aiuto. Chi l'ha fatto si è rivolto soprattutto a personale sanitario. L'età avanzata, il sesso femminile, la bassa scolarità, l'essere disoccupati, la presenza di problemi economici e di malattie croniche sono tutti fattori di rischio associati ai sintomi di depressione. È stata anche dimostrata un'associazione tra sintomi depressivi e cattivo stato di salute percepito.